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Omicidio Luca Varani: la verità di Nicola Lagioia racconta un’altra storia

Nonostante l’omicidio di Luca Varani, brutalmente ucciso la notte tra il 3 e il 4 marzo del 2016, sia stato più volte oggetto di dibattito, la realtà (che spesso supera i confini della fantasia) ci porta a non conoscere ancora dopo 6 anni il movente di quel massacro, a opera di Manuel Foffo e Marco Prato (morto suicida in carcere un anno più tardi) che non si è mai del tutto compreso.

Nicola Lagioia, nel suo libro “La città dei Vivi”, in cui racconta a metà tra storia e inchiesta questo agghiacciante delitto che sconvolse non solo Roma, teatro della vicenda, ma l’Italia intera, traccia una trama inedita. Quasi fantastica. Che varrebbe la pena di comprendere.

La domanda che i carabinieri giunti sul luogo del massacro si posero quella maledetta sera, resta anche oggi: perchè due ragazzi di 30 anni, di buona famiglia, dopo essersi drogati per tre giorni di seguito decidono di “sacrificare” un altro giovane come loro, anche se di anni ne aveva 23, solo per il gusto di vederlo morire?

La droga come motivazione, più che movente, non può essere presa in considerazione. Se tutti i consumatori di cocaina, anche in quantità industriale, dovessero avere quelle reazioni, la popolazione sarebbe già decimata. Ed è questo, in sintesi, uno dei temi che Lagioia tratta nel suo libro.

Spesso non tanto le risposte, che restano chiuse nelle menti di chi quella tragica notte per un motivo o per un altro è entrato in contatto con Foffo e Prato (nell’appartamento di via Igino Giordani, dove si è consumata la mattanza), quanto le idee si formano attraverso i dettagli, i particolari.

E se c’è un merito che a Nicola Lagioia va attribuito, è quello di aver raccontato con dovizia di particolari alcuni passaggi di questa faccenda che i media, per volontà o per poco interesse hanno omesso/snobbato. Oppure semplicemente evitato di cercare.

Ed è lì la chiave di lettura corretta: perchè tanti dibattiti e servizi in tv e mai un cenno, per esempio, ad alcune testimonianze di persone che bene o male conoscevano e frequentavano questi tre ragazzi e che restituiscono alla cronaca una verità spesso più spaventosa di quella ufficiale? Lagioia racconta loro e tutto quello che è accaduto. Oppure, perchè tralasciare dettagli non indifferenti sulla dinamica della morte, che lo scrittore ha recuperato sia dall’autopsia, sia da alcune rivelazioni inedite, messe abilmente in asse con un’atmosfera tetra quasi spettrale che la Capitale stava vivendo proprio in quei giorni?

Marco Prato e Manuel Foffo avevano un rapporto molto bordeline, nessuno può essere certo che fra i due ci fosse una liaison. L’atto sessuale sì, quello c’è stato. Se poi Foffo continuasse a frequentare Prato per timore di una fuga di notizie, visto che il pr aveva filmato  l’amplesso orale tra i due (raccontato dai diretti interessati), oppure perchè la compagnia dell’amico gli facesse piacere sono fatti loro.

Ma perchè 23 messaggi a 23 persone diverse, quella mattina in cui il malcapitato Luca Varani abbocca all’invito di Prato recandosi in via Igino Giordani da dove non uscirà più vivo, con l’intenzione di cercare “una marchetta”? Per poi torturarla e ucciderla? Significa che tutti i destinatari di questo messaggio, si prostituivano? Poco credibile. Eppure nessuna di queste 23 persone ha mai parlato del rapporto che legava loro e la coppia omicida. E come mai nessuno ha risposto a questi messaggi? Tranne Varani, ovviamente, le cui motivazioni sul perchè si sia recato in quell’appartamento restano piuttosto ambigue e poco chiare. C’è chi dice per vendersi, c’è chi dice che facesse il pusher, e c’è chi afferma che Prato gli avesse promesso un lavoro in qualche locale dove lui era pr, visto che Varani in quel periodo aveva bisogno di arrotondare.

Il giudice che ha emesso l’unica sentenza passata in giudicato, quella di Foffo (Prato si è tolto la vita a pochi giorni dall’inizio del suo processo), non ha riconosciuto la premeditazione. Singolare come scelta: i due per tutta la notte, poche ore prima dell’omicidio, sempre per loro stessa ammissione, hanno vagato come sbarellati in giro per la Capitale alla ricerca di qualcuno a cui fare del male. Una caccia all’uomo andata a vuoto!

Anche qui: in una città di 3 milioni di abitanti, due futuri killer non trovano stranamente nessuno per tutta la notte, quando sarebbe bastato andare alla Garbatella, a Valle Giulia, a Monte Caprino e altri luoghi simbolo di una certa vita notturna per avere una variegata scelta a disposizione. Altro che non c’era nessuno…!

Luca Varani cade nella trappola, va nell’appartamento di Foffo, viene stordito con un cocktail micidiale, e infine preso a martellate. Gli vengono recise le corde vocali per non farlo urlare e con lo stesso coltello gli vengono macellate le mani per non permettergli di difendersi. 107 tra coltellate e martellate (nessuna di queste mortali, solo inferte per procurare dolore e sofferenza. Varani morirà dissanguato). Due ore di autentica tortura, che fanno invidia alle carceri turche degli anni 70/80. Roba da film dell’orrore. Nessuno sente, nessuno si accorge di nulla. Per due ore, Foffo e Prato infieriscono su Varani. Impossibile non rendersene conto, dai. E quella coltellata al cuore finale, quando il giovane giaceva già senza vita. Piuttosto discutibile come versione.

Ora. Questa non è l’opera di due folli in preda alle allucinazioni. Questa è una macelleria messicana studiata con una logica e una barbara lucidità spiazzante. Geni del male. In Egitto li chiamerebbero torturatori di professione. In alcune altre circostanze, in altri modi che è preferibile non menzionare.

Quello che ha deciso il giudice poco importa. Perchè un conto è la verità giuridica, che non sempre combacia con l’altra verità: quella dei fatti. Quella della logica e, come in questo caso, quella del mistero. Nicola Lagiola nel suo libro parla del male. Il male inteso non in senso fisico, ma il male dell’anima. Dello spirito. Come se spesso, senza accorgercene, attorno a noi ci fosse una vita parallela fatta di malvagità, di lati oscuri che a occhio nudo sono impercettibili. Ma che fermentano accanto a noi più di quanto si possa pensare.

Ed ecco che torniamo al punto di partenza, cosa è davvero accaduto quella notte? L’autopsia sul corpo martoriato di Luca Varani ha stabilito la dinamica dei fatti, ma non chi ha fatto e cosa. E soprattutto perchè. Manuel Fotto sconta 30 anni di carcere, ha evitato l’ergastolo proprio perchè non è stata riconosciuta l’aggravante della premeditazione. La verità la conosce solo lui. Ma… la conosce davvero solo lui?

ANDREA IANNUZZI

 

 

Andrea Iannuzzi

Andrea Iannuzzi, giornalista dal marzo del 2000, ma con radici nella radiofonia che nascono nel 1989, esperto di tv e spettacolo, con un passato anche nella moda come fotografo. E’ stato capo progetto e direttore artistico di varie trasmissioni televisive, e direttore di alcuni fra i più importanti giornali e magazine nazionali italiani. Ufficio stampa e responsabile della comunicazione di diverse realtà tra tv e spettacolo, Iannuzzi mastica il filone dei reality show, dei talent show e dei programmi di intrattenimento, approfondimento e informazione. Grande appassionato di politica italiana.