Maternità surrogata, Vaticano “Viola dignità bambino e della donna”
ROMA (ITALPRESS) – La Chiesa “prende posizione contro la pratica della maternità surrogata, attraverso la quale il bambino, immensamente degno, diventa un mero oggetto”. Lo si legge nel documento del Dicastero per la Dottrina della Fede “Dignitas infinita circa la dignità umana”. Nel testo si riprendono le parole di Papa Francesco, pronunciate l’8 gennaio scorso durante il discorso ai membri del Corpo piplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno, sottolineando come “le parole de Papa sono di una chiarezza unica: ‘la via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, nè diventare oggetto di mercimonio. Al riguardo, ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale praticà”. Inoltre, nel documento si sottolinea come “la pratica della maternità surrogata viola, innanzitutto, la dignità del bambino. Il bambino ha il diritto, in virtù della sua inalienabile dignità, di avere un’origine pienamente umana e non artificialmente indotta, e di ricevere il dono di una vita che manifesti, nello stesso tempo, la dignità di chi dona e di chi riceve”. Per la Chiesa “la pratica della maternità surrogata viola, nel medesimo tempo, la dignità della donna stessa che ad essa è costretta o decide liberamente di assoggettarvisi. Con tale pratica, la donna si distacca del figlio che cresce in lei e diventa un semplice mezzo asservito al guadagno o al desiderio arbitrario di altri. Questo contrasta in ogni modo con la dignità fondamentale di ogni essere umano e il suo diritto di venire sempre riconosciuto per se stesso e mai come strumento per altro”.
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