Alessandro Cecchi Paone: “Bisognava avere poche voci e non questo coro stonato”
“Se gli assistenti civici arriveranno prima di ottobre sarà un’ottima idea”
“Sono assolutamente favorevole alla figura degli assistenti civici. Ho lanciato, da qualche tempo, la campagna “movida sicura” che è diventata virale sul web, perchè la faccio girare con i più giovani e i più seguiti influencer. L’idea è che la movida è un diritto dei più giovani, soprattutto dopo i due mesi di lockdown in cui sono stati bravissimi, non c’è stata una sola violazione, adesso bisogna riconoscere ai ragazzi il diritto di potersi divertire”. Lo dichiara Alessandro Cecchi Paone in un’intervista per la rubrica “il tempo di un caffè”. “Certamente – sottolinea – ci vuole un po’ di organizzazione. Purtroppo però è un bando e quindi chissà quando arriveranno veramente. Come sempre i nostri politici centrali e locali arrivano tardi, le cose che devono fare prima le fanno dopo. Se arriveranno prima di ottobre sarà un’ottima idea”.
Secondo Alessandro Cecchi Paone che ricorda come “la divulgazione scientifica” sia la sua ragione di vita e di lavoro “la scienza in questa terribile situazione ha dimostrato di essere l’unica soluzione ai problemi degli uomini. Mai nella storia della medicina nel giro di tre mesi sono partiti decine di vaccini di sperimentazione e sono state trovate tutta una serie di cure sperimentali, in tempi brevissimi. Quindi la scienza, in quanto ricerca applicata, ne esce come un gigante. Disastro – invece – nella comunicazione dei nostri scienziati al potere, quelli che io chiamo gli scienziati dei comitati. Hanno fatto una confusione tremenda, si sono litigati, si sono contraddetti, hanno scelto linee diverse per esempio il comitato veneto ha fatto cose completamente diverse e di successo rispetto al comitato lombardo che ha fatto un disastro. Bisognava avere poche voci e non questo coro stonato, un po’ di cultura della comunicazione che purtroppo gli scienziati di potere non hanno”.
In qualità di professore universitario Cecchi Paone ammette: “le lezioni in remoto sono state un guaio, perchè l’Italia non era pronta. La classe dirigente italiana, non solo politica non ha fornito il Paese di banda larga e capacità di connessione, non ha fornito le famiglie del meridione di un personal computer e quindi molte persone sono state penalizzate da questo modo di fare le lezioni. Sono vicino – conclude – ai genitori che chiedono da settembre di tornare in aula”.